Colpa Lieve e Colpa Grave

Cosa dice la legge e la giurisprudenza

Cassazione penale, sez. IV, 11/05/2016, n. 23283
L'art. 3 l. 8 novembre 2012 n. 189 (legge Balduzzi, in tema di responsabilità del medico), secondo cui l'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve, va inteso nel senso che la limitazione di responsabilità, in caso di colpa lieve, può operare, per le condotte professionali conformi alle linee guida e alle buone pratiche, anche in caso di errori che siano connotati da profili di colpa generica diversi dall'imperizia. In tema di responsabilità professionale del medico, la nuova normativa introdotta dall'art. 3 l. 8 novembre 2012 n. 189, secondo cui l'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve, ha parzialmente decriminalizzato le fattispecie incriminatrici colpose di cui agli art. 589 e 590 c.p., con conseguente applicazione dell'articolo 2 c.p.. L'innovazione esclude, infatti, la rilevanza penale delle condotte connotate da colpa lieve, che si collochino all'interno dell'area segnata da linee guida o da virtuose pratiche mediche, purché esse siano accreditate dalla comunità scientifica. Ciò comporta, proprio in osservanza dell'art. 2, comma 2, c.p., che, nei procedimenti pendenti all'entrata in vigore del novum normativo, relativi a ipotesi di omicidio o lesioni colpose ascritte all'esercente la professione sanitaria, in un ambito regolato da linee guida, occorre procedere d'ufficio all'accertamento del grado della colpa, giacché le condotte qualificate da colpa lieve sono divenute penalmente irrilevanti.

Cassazione penale, sez. IV, 30/03/2016, n. 18780
In tema di responsabilità medica, la limitazione della responsabilità in caso di colpa lieve prevista dall'art. 3 d.l. 13 settembre 2012 n. 158, conv. dalla l. 8 novembre 2012 n. 189, sicuramente opera per le condotte professionali conformi alle linee guida contenenti regole di perizia, ma è inapplicabile nel caso di accertato macroscopico scostamento del comportamento tenuto rispetto a quello doverosamente esigibile dal medico specialista.

Cassazione civile, sez. III, 18/09/2015, n. 18307
In tema di responsabilità (di natura contrattuale) da attività medico-chirurgica, il paziente che agisca in giudizio deducendo l'inesatto adempimento deve provare il contratto e allegare l'inadempimento del professionista, restando a carico dell'obbligato l'onere di provare l'esatto adempimento, rispetto al quale non rileva la valutazione in merito alla difficoltà della prestazione, la quale assurge a mero parametro di valutazione della diligenza nell'adempimento.

Cassazione penale, sez. IV, 01/07/2015, n. 45527
In tema di responsabilità medica, la limitazione della responsabilità in caso di colpa lieve prevista dall'art. 3 del D.L. 13 settembre 2012, n. 158, conv. in legge 8 novembre 2012, n. 189, pur trovando terreno d'elezione nell'ambito dell'imperizia, può tuttavia venire in rilievo anche quando il parametro valutativo della condotta dell'agente sia quello della diligenza. Premesso che in tema di responsabilità medica, l'osservanza delle linee guida accreditate dalla comunità scientifica esclude la rilevanza della colpa lieve, la novella introdotta con la c.d. legge Balduzzi pur trovando terreno d'elezione nell'ambito dell'imperizia, può tuttavia venire in rilievo anche quando il parametro valutativo della condotta dell'agente sia quello della diligenza.

Cassazione penale, sez. IV, 08/05/2015, n. 22405
In tema di responsabilità per attività medico chirurgica, al fine di distinguere la colpa lieve dalla colpa grave, possono essere utilizzati i seguenti parametri valutativi della condotta tenuta dall'agente:
a) la misura della divergenza tra la condotta effettivamente tenuta e quella che era da attendersi,
b) la misura del rimprovero personale sulla base delle specifiche condizioni dell'agente;
c) la motivazione della condotta;
d) la consapevolezza o meno di tenere una condotta pericolosa.

Cassazione penale, sez. IV, 27/04/2015, n. 26996
In tema di responsabilità medica, la limitazione della responsabilità in caso di colpa lieve prevista dall'art. 3 D.L. 13 settembre 2012, n. 158 (conv., con mod., dalla legge 8 novembre 2012, n. 189), operando soltanto per le condotte professionali conformi alle linee guida, non si estende agli errori diagnostici connotati da negligenza o imprudenza, perché le linee guida contengono solo regole di perizia.

Cassazione penale, sez. IV, 22/04/2015, n. 24455
In tema di responsabilità medica, il rispetto di linee guida accreditate presso la comunità scientifica non determina, di per sé, l'esonero dalla responsabilità penale del sanitario ai sensi dell'art. 3 del D.L. 13 settembre 2012, n. 158 (conv. in legge 8 novembre 2012, n. 189), dovendo comunque accertarsi se la specificità del quadro clinico del paziente imponesse un percorso terapeutico diverso rispetto a quello indicato da dette linee guida.

Cassazione penale, sez. IV, 20/03/2015, n. 16944
In tema di responsabilità medica, la limitazione della responsabilità in caso di colpa lieve prevista dall'art. 3 D.L. 13 settembre 2012, n. 158 (conv., con mod., dalla legge 8 novembre 2012, n. 189), operando soltanto per le condotte professionali conformi alle linee guida, non si estende agli errori diagnostici connotati da negligenza o imprudenza, perché le linee guida contengono solo regole di perizia.

Cassazione penale, sez. IV, 06/03/2015, n. 40708
In tema di responsabilità medica, ai fini dell'applicazione della causa di esonero da responsabilità prevista dall'art. 3 l. 8 novembre 2012 n. 189, il medico che sostenga di avere rispettato le regole di diligenza e i protocolli ufficiali deve allegare le linee guida alle quali egli ha conformato la propria condotta, ai fini della verifica della loro correttezza e scientificità. Infatti, soltanto nel caso di linee guida conformi alle regole della miglior scienza medica è possibile utilizzare le medesime come parametro per l'accertamento dei profili di colpa ravvisabili nella condotta del medico e attraverso le indicazioni dalle stesse fornite sarà possibile per il giudicante valutare la conformità a esse della condotta del medico al fine di escludere profili di colpa.

Cassazione penale, sez. IV, 17/02/2015, n. 10972
La causalità omissiva è sostenuta non solo in presenza di leggi scientifiche universali o di leggi statistiche che esprimono un coefficiente prossimo alla certezza, ma anche dal raggiungimento da parte dell'autorità chiamata a giudicare di un risultato di certezza processuale che, all'esito del ragionamento probatorio, sia in grado di giustificare la logica conclusione che, tenendosi l'azione doverosa emessa, il singolo evento lesivo non si sarebbe verificato o si sarebbe inevitabilmente verificato, ma in epoca posteriore o con minore intensità lesiva. (Confermata la sentenza di condanna che aveva ritenuto il medico responsabile del reato di cui all'art. 589 c.p., per aver cagionato la morte del paziente, per colpa consistita nell'avere dimesso il predetto senza disporre i necessari accertamenti cardiologici).

Cassazione penale, sez. IV, 18/12/2014, n. 21243
In tema di responsabilità medica, ai fini dell'applicazione della causa di esonero da responsabilità prevista dall'art. 3 del D.L. 13 settembre 2012, n. 158, come modificato dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, è necessaria l'allegazione delle linee guida alle quali la condotta del medico si sarebbe conformata, al fine di consentire al giudice di verificare:
a) la correttezza e l'accreditamento presso la comunità scientifica delle pratiche mediche indicate dalla difesa;
b) l'effettiva conformità ad esse della condotta tenuta dal medico nel caso in esame.

Cassazione civile, sez. III, 20/10/2014, n. 22222
In tema di responsabilità professionale del medico, il paziente creditore ha il mero onere di provare il contratto e allegare il relativo inadempimento o inesatto adempimento, e cioè la difformità della prestazione ricevuta rispetto al modello normalmente realizzato da una condotta improntata alla dovuta diligenza, non essendo invece tenuto a provare la colpa del medico e/o della struttura sanitaria e la relativa gravità; la distinzione tra prestazione di facile esecuzione e prestazione implicante la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà non può valere come criterio di distribuzione dell'onere della prova, bensì solamente ai fini della valutazione del grado di diligenza e del corrispondente grado di colpa riferibile al sanitario. È da superarsi, sotto il profilo della ripartizione degli oneri probatori, ogni distinzione tra interventi "facili" e "difficili", in quanto l'allocazione del rischio non può essere rimessa alla maggiore o minore difficoltà della prestazione, l'art. 2236, C. civ. dovendo essere inteso come contemplante una regola di mera valutazione della condotta diligente del medico. Va quindi conseguentemente affermato che in ogni caso di "insuccesso" incombe al medico la prova della particolare difficoltà dell'operazione.

Cassazione penale, sez. IV, 09/10/2014, n. 47289
In tema di responsabilità professionale del medico, la nuova normativa introdotta dall'art. 3 l. 8 novembre 2012 n. 189, secondo cui "l'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve ", trova il suo terreno di elezione nell'ambito dell'apprezzamento dell'"imperizia", ma può trovare applicazione anche se il parametro valutativo della condotta del medico sia quello della "diligenza", cioè allorquando siano richieste prestazioni che riguardino più la sfera dell'accuratezza dei compiti, magari non particolarmente qualificanti, che quella della adeguatezza professionale. In ogni caso, dovendosi escludere che l'innovazione normativa trovi applicazione solo nei casi di "particolare difficoltà", giacché semmai la complessità e difficoltà dell'atto medico o chirurgico può rilevare solo ai fini dell'apprezzamento del grado della colpa, come lieve o grave. (Nella specie, si contestava al sanitario di avere provocato, durante un intervento di isterectomia per via laparoscopica una lesione dell'uretere della paziente, utilizzando in modo imperito lo strumentario laparoscopico, alternativamente adoperando in modo maldestro la pinzatrice oppure gestendo in modo malaccorto l'elettrocoagulatore; la Corte ha ritenuto adeguatamente motivata la colpa, ma ha annullato con rinvio la sentenza per un approfondimento circa la concreta applicabilità della richiamata normativa, giacché il giudicante erroneamente l'aveva esclusa sostenendo che questa non riguardasse il profilo della diligenza del sanitario - mentre secondo la Corte in ogni caso l'addebito riguardava comunque il profilo della perizia - e sostenendo altresì, sempre erroneamente, che la normativa in questione poteva evocarsi solo in caso di prestazioni che presentino speciali difficoltà tecniche - ciò che la Corte ha escluso, evidenziando appunto che il profilo di complessità può rilevare solo per la valutazione del grado della colpa).

Cassazione penale, sez. IV, 08/07/2014, n. 7346
In tema di responsabilità medica, la limitazione della responsabilità in caso di colpa lieve prevista dall'art. 3 d.l. 13 settembre 2012, n. 158 (conv. in l. 8 novembre 2012, n. 189), opera soltanto per le condotte professionali conformi alle linee guida contenenti regole di perizia e non si estende agli errori diagnostici connotati da negligenza o imprudenza, perché le linee guida contengono solo regole di perizia.

Cassazione penale, sez. IV, 23/05/2014, n. 36347
In tema di responsabilità medica, il comportamento del sanitario ascritto al novero delle condotte negligenti non ne esclude la responsabilità penale incentrata sulla colpa lieve. Quest'ultima, ai sensi dell'art. 3 d.l. n. 158 del 2012, è esclusa solo per i comportamenti imperiti. La nuova previsione di cui all’art. 3 l. n. 189 del 2012, che incentra sulla colpa lieve del sanitario un’ipotesi che ne esclude la responsabilità penale, si applica ai soli comportamenti imperiti e non anche a quelli negligenti, a nulla valendo in contrario il richiamo all’art. 2236 c.c., utilizzato dalla giurisprudenza come regola di esperienza cui attenersi nel valutare il solo addebito d’imperizia, qualora il caso concreto imponga la soluzione di problemi di speciale difficoltà ovvero qualora si versi in una situazione emergenziale.

Cassazione civile, sez. VI, 17/04/2014, n. 8940
L'art. 3, comma 1, l. n. 189/2012, là dove omette di precisare in che termini si riferisca all'esercente la professione sanitaria e concerne nel suo primo inciso la responsabilità penale, comporta che la norma dell'inciso successivo, quando dice che resta comunque fermo l'obbligo di cui all'art. 2043 c.c., poiché "in lege aquilia et levissima culpa venit", vuole solo significare che il legislatore si è soltanto preoccupato di escludere l'irrilevanza della colpa lieve in ambito di responsabilità extracontrattuale, ma non ha inteso prendere alcuna posizione sulla qualificazione della responsabilità medica necessariamente come responsabilità di quella natura. La norma, dunque, non induce il superamento dell'orientamento tradizionale sulla responsabilità da contatto e sulle sue implicazioni L'art. 3, comma 1, del d.l. 13 settembre 2012, n. 158, come modificato dalla legge di conversione 8 novembre 2012, n. 189, nel prevedere che "l'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve", fermo restando, in tali casi, "l'obbligo di cui all'articolo 2043 del codice civile", non esprime alcuna opzione da parte del legislatore per la configurazione della responsabilità civile del sanitario come responsabilità necessariamente extracontrattuale, ma intende solo escludere, in tale ambito, l'irrilevanza della colpa lieve.

Cassazione penale, sez. IV, 15/04/2014, n. 22281
In tema di responsabilità medica, la colpa grave a norma dell'art. 3 l. 8 novembre 2012 n. 189, si configura quando si è in presenza di una deviazione ragguardevole rispetto all'agire appropriato, come definito dalle linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, tenuto conto della necessità di adeguamento alle peculiarità della malattia ed alle specifiche condizioni del paziente.

Cassazione penale, sez. IV, 11/03/2014, n. 15495
In tema di responsabilità professionale del medico, la normativa introdotta dall'art. 3 l. 8 novembre 2012 n. 189, secondo cui "l'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve", esclude, limitatamente al profilo dell'"imperizia", la rilevanza penale della "colpa lieve" rispetto alle condotte che abbiano osservato linee guida o pratiche terapeutiche virtuose, purché accreditate dalla comunità scientifica.

Cassazione penale, sez. V, 13/02/2014, n. 11804
Risponde di interruzione colposa della gravidanza la ginecologa che, per colpa lieve consistente in negligenza, imprudenza o imperizia, nonché agendo in violazione delle linee guida che regolano l'attività medico-chirurgica, non ha impedito l'aborto del feto che aveva l'obbligo di impedire.

Cassazione penale, sez. III, 04/12/2013, n. 5460
In tema di colpa medica, l'esclusione della penale responsabilità dell'esercente la professione sanitaria, ai sensi dell'art. 3 comma 1 l. n. 189 del 2012, nel caso di colpa lieve, quando egli si sia attenuto alle linee guida o alle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, opera solo con riferimento agli addebiti di colpa per imperizia e non, quindi, a quelli di colpa per negligenza o imprudenza.

Cassazione penale, sez. IV, 27/11/2013, n. 2347
In tema di responsabilità medica, la limitazione della responsabilità prevista dall'art. 3 l. 8 novembre 2012 n. 189 è confinata alla sola colpa lieve e non è, quindi, invocabile nel caso in cui il sanitario sia incorso in "colpa grave", rinvenibile nell'errore inescusabile, che trova origine o nella mancata applicazione delle cognizioni generali e fondamentali attinenti alla professione o nel difetto di quel minimo di abilità e perizia tecnica nell'uso dei mezzi manuali o strumentali adoperati nell'atto operatorio e che il medico de- ve essere sicuro di poter gestire correttamente o, infine, nella mancanza di prudenza o di diligenza, che non devono mai difettare in chi esercita la professione sanitaria. (Nella specie, si è esclusa l'applicabilità della disciplina limitativa della responsabilità giacché era risultato accertato in sede di merito, il "notevole grado di imperizia" dell'imputato nell'esecuzione di due interventi chirurgici di mastoplastica additiva, da cui, per la carente tecnica chirurgica e l'inadeguatezza delle protesi, erano derivate lesioni personali in danno della paziente).

Cassazione civile, sez. III, 15/11/2013, n. 25764
Non ha rilievo stabilire il grado di difficoltà tecnica dell'operazione ed il conseguente grado di perizia professionale richiesto per eseguirla allorchè sia stata affermata la correttezza sia della diagnosi sia dell'intervento terapeutico, riconducendo l'evento lesivo ad una reazione individuale del paziente del tutto anomala, non prevedibile e dunque non attribuibile ad un comportamento colposo ed all'azione posta in essere dai sanitari.

Cassazione penale, sez. IV, 07/11/2013, n. 47904
Il medico che trascura di compiere gli approfondimenti diagnostici necessari, a fronte di una sintomatologia sospetta o di un quadro clinico critico, non conforma il proprio operato alle raccomandazioni contenute nelle linee guida accreditate dalla comunità scientifica. Ne consegue perciò l'inapplicabilità della limitazione di responsabilità prevista ai sensi dell'art. 3 comma 1 l. n. 189 del 2012, poiché l'errore diagnostico, all'origine dell'evento morte, in tali circostanze non è configurabile come colpa lieve.

Cassazione penale, sez. IV, 05/11/2013, n. 18430
In tema di responsabilità medica, il rispetto di linee guida accreditate presso la comunità scientifica non determina, di per sé, l'esonero dalla responsabilità penale del sanitario ex art. 3 d.l. 13 settembre 2012 n. 158 (conv. in l. 8 novembre 2012 n. 189), dovendo comunque accertarsi se, nonostante l'osservanza di tali suggerimenti, vi sia stato un errore determinato da una condotta negligente o imprudente e se, comunque, il comportamento terapeutico appropriato avrebbe avuto una qualificata probabilità di evitare l'evento.

Cassazione penale, sez. IV, 08/10/2013, n. 7951
In tema di responsabilità medica, le linee guida rilevanti ai fini dell'accertamento della colpa ex art. 3 l. n. 189 del 2012, non devono essere ispirate ad esclusive logiche di economicità della gestione, sotto il profilo del contenimento della spesa, poiché l'efficienza del bilancio può e deve essere perseguita sempre garantendo il miglior livello di cura, con la conseguenza del dovere del sanitario di disattendere indicazioni stringenti dal punto di vista economico che si risolvano in un pregiudizio per il paziente. In tema di responsabilità medica, ai fini dell'applicazione della causa di esonero da responsabilità prevista dall'art. 3 della legge n. 189 del 2012, è necessaria l'allegazione delle linee guida alle quali la condotta del medico si sarebbe conformata, al fine di consentire al giudice di verificare: da un lato, la correttezza e l'accreditamento presso la comunità scientifica delle pratiche mediche indicate dalla difesa; dall'altro, l'effettiva conformità ad esse della condotta tenuta dal medico nel caso in esame.

Cassazione civile, sez. III, 12/03/2013, n. 6093
La limitazione di responsabilità professionale del medico-chirurgo ai soli casi di dolo o colpa grave, ai sensi dell'art. 2236 c.c., attiene esclusivamente alla perizia, per la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà. Ne consegue che, anche nei casi di speciale difficoltà, tale limitazione non sussiste con riferimento ai danni causati per negligenza o imprudenza, dei quali il medico risponde in ogni caso.

Cassazione civile, sez. III, 19/02/2013, n. 4030
Il d.l. 13 settembre 2012 n. 158, art. 3 comma 1, conv. dalla l. 8 novembre 2012 n. 189 esclude la responsabilità medica in sede penale, se l'esercente dell'attività sanitaria si attiene a linee-guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica. La stessa norma prevede che in tali casi, la esimente penale non elide l'illecito civile e che resta fermo l'obbligo di cui all'art. 2043 c.c., che è clausola generale del neminem laedere, sia nel diritto positivo, sia con riguardo ai diritti umani inviolabili quale è la salute. La novella contenuta nella l. n. 189 del 2012 dunque si limita a indicare una particolare evoluzione del diritto penale vivente, col fine di agevolare l'utile esercizio dell'arte medica, evitando il pericolo di pretestuose azioni penali, senza modificare tuttavia la materia della responsabilità civile che segue le sue regole consolidate, non solo per la responsabilità aquiliana del medico, ma anche per la cosiddetta "responsabilità contrattuale" del medico e della struttura sanitaria, da contatto sociale.

Cassazione penale, sez. IV, 29/01/2013, n. 16237
In tema di responsabilità medica, l'art. 3 l. 8 novembre 2012 n. 189 esclude la rilevanza della colpa lieve a quelle condotte che abbiano osservato linee guida o pratiche terapeutiche mediche virtuose, purché esse siano accreditate dalla comunità scientifica. (La norma ha dato luogo ad una "abolitio criminis" parziale degli art. 589 e 590 c.p., avendo ristretto l'area del penalmente rilevante individuata da questi ultimi ed avendo ritagliato implicitamente due sottofattispecie, una che conserva natura penale e l'altra divenuta penalmente irrilevante).

Cassazione penale, sez. IV, 24/01/2013, n. 11493
In tema di responsabilità medica, la limitazione della responsabilità in caso di colpa lieve prevista dall'art. 3 d.l. 13 settembre 2012 n. 158 (conv. in l. 8 novembre 2012 n. 189), opera soltanto per le condotte professionali conformi alle linee guida contenenti regole di perizia, ma non si estende agli errori diagnostici connotati da negligenza o imperizia.

Cassazione penale, sez. IV, 12/12/2013, n. 4058
Il richiamo all'operatività dell'art. 3 l. n. 189 del 2012 non è esperibile quando la condotta dell'agente si sia sensibilmente discostata dagli standards operativi riferiti a un intervento in nessun modo riconducibile a un caso di particolare difficoltà.

Cassazione penale, sez. IV, 04/12/2012, n. 10615
In tema di colpa professionale medica, la norma prevista dall'art. 2236 c.c. trova applicazione come regola di esperienza cui attenersi nel valutare l'addebito di imperizia del sanitario qualora il caso concreto imponga la soluzione di problemi di specifica difficoltà di carattere tecnico-scientifico.

Cassazione civile, sez. III, 22/11/2012, n. 20586
Un intervento chirurgico di norma routinario non può mai ritenersi "di speciale difficoltà", ai sensi dell'art. 2236 c.c. per il solo fatto che nel corso di esso si verifichino delle complicanze.

Cassazione civile, sez. III, 22/11/2012, n. 20586
L'eventuale complessità dell'intervento è un accertamento riservato al giudice del merito ed in quanto tale incensurabile in sede di legittimità se, come nella specie, motivato congruamente, restando comunque a carico del sanitario la prova che la prestazione fosse di particolare difficoltà.

Cassazione penale, sez. IV, 11/07/2012, n. 35922
È viziata la motivazione della sentenza d'appello che, a fronte di un'analitica argomentazione del giudice di primo grado che aveva condannato un anestesista per l'omicidio colposo di un paziente fondando la responsabilità dell'imputato sulla violazione delle linee-guida elaborate dalla società scientifica della relativa specialità, nel dare ragione delle difformi conclusioni raggiunte, si è limitata a osservare che la situazione di particolare difficoltà nella quale il medico era venuto a trovarsi non era stata confutata dalle semplici raccomandazioni contenute in dette linee-guida.
(la Suprema Corte, in accoglimento del ricorso delle parti civili, ha annullato la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado d'appello, onde verificare l'eventuale sussistenza di profili di colpa a carico dell'imputato, precisando che la sua condotta dev'essere valutata con riguardo alla conformità alle richiamate linee-guida, al fine di accertare se sia stata determinante nella causazione dell'evento lesivo o se quest'ultimo, tenuto conto della complessiva situazione del paziente, era in ogni caso inevitabile).

Cassazione civile, sez. III, 20/04/2012, n. 6275
In tema di responsabilità medica, anche la pretesa "aspecificità" della sintomatologia presentata dal paziente in occasione di un primo ricovero non può esimere il personale sanitario dalla responsabilità per colpa, allorché il paziente segnali, anche se forse in termini confusi, sintomi di interesse neurologico, talché, a fronte di un quadro clinico che contenga elementi di sicuro allarme, sia per le patologie riferite dal paziente stesso (ipertensione) sia per i sintomi che lo stesso lamenta (sensazioni di difficoltà motorie ad uno degli arti superiori, cefalee ricorrenti, vomito), costituisce dovere prudenziale del medico prescrivere tutti gli esami specialistici utili al fine di escludere, con adeguato margine di certezza, che il paziente possa essere vittima di un ictus.

Cassazione penale, sez. IV, 22/11/2011, n. 4391
In tema di colpa professionale del medico, il principio civilistico di cui all'art. 2236 c.c. che assegna rilevanza soltanto alla colpa grave può trovare applicazione in ambito penalistico come regola di esperienza cui attenersi nel valutare l'addebito di imperizia, qualora il caso concreto imponga la soluzione di problemi di speciale difficoltà ovvero qualora si versi in una situazione di emergenza, in quanto la colpa del terapeuta deve essere parametrata alla difficoltà tecnico-scientifica dell'intervento richiesto ed al contesto in cui esso si è svolto. Ne consegue che non sussistono i presupposti per parametrare l'imputazione soggettiva al canone della colpa grave ove si tratti di casi non difficili e fronteggiabili con interventi conformi agli standard.

Cassazione penale, sez. IV, 05/04/2011, n. 16328
Non è responsabile di omicidio colposo il sanitario che, in presenza di uno o più sintomi di una malattia, ometta di eseguire controlli o accertamenti ai fini di una corretta formulazione della diagnosi se il caso specifico sottoposto al suo esame imponga la soluzione di specifica difficoltà. (Il medico del pronto soccorso e il cardiologo non sono stati ritenuti responsabili di aver cagionato l'evento morte per una diagnosi errata consistente nel non aver eseguito una corretta valutazione clinica del paziente mediante tac toracica che avrebbe consentito di individuare il tamponamento cardiaco conseguente alla rottura dell'aorta poiché la sintomatologia era ambigua e la gravità delle condizioni erano tali da far ritenere che non avrebbero potuto essere trattate con successo nelle strutture locali).

Cassazione civile, sez. III, 01/02/2011, n. 2334
La responsabilità del medico in ordine al danno subito dal paziente presuppone la violazione dei doveri inerenti allo svolgimento della professione, tra cui il dovere di diligenza da valutarsi in riferimento alla natura della specifica attività esercitata; tale diligenza non è quella del buon padre di famiglia ma quella del debitore qualificato ai sensi dell'art. 1176, comma 2, c.c. che comporta il rispetto degli accorgimenti e delle regole
tecniche obbiettivamente connesse all'esercizio della professione e ricomprende pertanto anche la perizia; la limitazione di responsabilità alle ipotesi di dolo e colpa grave di cui all'art. 2236, comma 2, c.c. non ricorre con riferimento ai danni causati per negligenza o imperizia ma soltanto per i casi implicanti risoluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà che trascendono la preparazione media o non ancora sufficientemente studiati dalla scienza medica; quanto all'onere probatorio, spetta al medico provare che il caso era di particolare difficoltà e al paziente quali siano state le modalità di esecuzione inidonee ovvero a questi spetta provare che l'intervento era di facile esecuzione e al medico che l'insuccesso non è dipeso da suo difetto di diligenza.

Cassazione civile , sez. III, 08 ottobre 2008, n. 24791
Il paziente che alleghi di aver patito un danno alla salute in conseguenza dell'attività professionale del medico, ovvero di non avere conseguito alcun miglioramento delle proprie condizioni di salute nonostante l'intervento del medico, deve provare unicamente l'esistenza del rapporto col sanitario e l'insuccesso dell'intervento, e ciò anche quando l'intervento sia stato di speciale difficoltà, in quanto l'esonero di responsabilità di cui all'art. 2236 c.c. non incide sui criteri di riparto dell'onere della prova. Costituisce, invece, onere del medico, per evitare la condanna in sede risarcitoria, provare che l'insuccesso dell'intervento è dipeso da fattori indipendenti dalla propria volontà e tale prova va fornita dimostrando di aver osservato nell'esecuzione della prestazione sanitaria la diligenza normalmente esigibile da un medico in possesso del medesimo grado di specializzazione.

Cassazione civile , sez. III, 13 marzo 2007, n. 5846
Il chirurgo non deve tenere in considerazione soltanto le esigenze cliniche e terapeutiche immediate ma deve anche considerare le ripercussioni di ordine fisico e psicologico che il suo intervento può produrre sul paziente. Non si applica la limitazione di responsabilità ex art.2236 c.c.al professionista generico che consapevolmente non ha consultato lo specialista, il quale invece poteva indirizzarlo a un’operazione con conseguenze meno dannose.

Cassazione civile , sez. III, 09 novembre 2006, n. 23918
In tema di responsabilità civile nell'attività medico - chirurgica, il paziente che agisce in giudizio deducendo l'inesatto adempimento dell'obbligazione sanitaria deve provare il contratto e allegare l'inadempimento del professionista, restando a carico dell'obbligato l'onere di provare l'esatto adempimento, con la conseguenza che la distinzione tra prestazione di facile esecuzione e prestazione implicante la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà rileva soltanto per la valutazione del grado di diligenza e del corrispondente grado di colpa, restando comunque a carico del sanitario la prova che la prestazione era di particolare difficoltà.

Cassazione civile , sez. III, 24 maggio 2006, n. 12362
In tema di responsabilità professionale del medico - chirurgo, sussistendo un rapporto contrattuale, in base alla regola di cui all'art. 1218 c.c. il paziente ha l'onere di allegare l'inesattezza dell'inadempimento, non la colpa né, tanto meno, la gravità di essa, dovendo il difetto di colpa o la non qualificabilità della stessa in termini di gravità (nel caso di cui all'art. 2236 c.c.) essere allegata e provata dal medico.

Cassazione civile , sez. III, 19 aprile 2006, n. 9085
La limitazione della responsabilità professionale del medico ai soli casi di dolo o colpa grave a norma dell'art. 2236 c.c. si applica nelle sole ipotesi che presentino problemi tecnici di particolare difficoltà e, in ogni caso, tale limitazione di responsabilità attiene esclusivamente all'imperizia, non all'imprudenza e alla negligenza, con la conseguenza che risponde anche per colpa lieve il professionista che, nell'esecuzione di un intervento o di una terapia medica, provochi un danno per omissione di diligenza.

Cassazione civile, sez. III, 2 febbraio 2005, n. 2042
In tema di responsabilità del medico, la limitazione di responsabilità alle ipotesi di dolo e colpa grave di cui all'art. 2236, comma 2, c.c. non ricorre con riferimento ai danni causati al paziente per negligenza o imperizia, ma soltanto per i casi implicanti risoluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà trascendenti la preparazione media o non ancora sufficientemente studiati dalla scienza medica, incombendo in tal caso al medico di fornirne la relativa prova.

Cassazione civile, sez. III, 13 gennaio 2005, n. 583
Il prestatore d'opera, che versa in colpa per un'errata scelta tecnica, che all'origine si poneva come di semplice soluzione, non può poi più avvalersi della delimitazione della propria responsabilità per solo dolo o colpa grave, si sensi dell'art. 2236 c.c., per gli eventuali problemi tecnico-professionali di speciale difficoltà, in cui sia incorso nel prosieguo dell'espletamento della tecnica operativa errata, con la conseguenza che in tal caso è anche irrilevante la difettosa tenuta della cartella clinica che - ove risulti provata l'idoneità della condotta a provocare il danno alla salute - non vale ad escludere la sussistenza del nesso eziologico tra la colposa condotta del medico, in relazione alla patologia accertata ed il danno subito alla salute

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