Informativa e consenso informato

Cosa dice la giurisprudenza sul consenso informato

Corte appello Venezia, sez. IV, 13/07/2016, n. 1619
In materia di responsabilità per attività medico-chirurgica, l'acquisizione del consenso informato del paziente, da parte del sanitario, costituisce prestazione altra e diversa rispetto a quella avente ad oggetto l'intervento terapeutico, di talché l'errata esecuzione di quest'ultimo dà luogo ad un danno suscettibile di ulteriore e autonomo risarcimento rispetto a quello dovuto per la violazione dell'obbligo di informazione, anche in ragione della diversità dei diritti - rispettivamente, all'autodeterminazione delle scelte terapeutiche ed all'integrità psicofisica - pregiudicati nelle due differenti ipotesi.

Cassazione civile, sez. III, 21/04/2016, n. 8035
In materia di rapporti tra giudizio penale e civile, l'assoluzione dell'imputato secondo la formula "perché il fatto non sussiste" non preclude la possibilità di pervenire, nel giudizio di risarcimento dei danni intentato a carico dello stesso, all'affermazione della sua responsabilità civile, considerato il diverso atteggiarsi, in tale ambito, sia dell'elemento della colpa che delle modalità di accertamento del nesso di causalità di materiale.
(Nella specie, la S.C. ha annullato la decisione con cui il giudice di merito, sul presupposto dell'intervenuta assoluzione, in via definitiva, di due medici dal delitto di lesioni personali, ne aveva per ciò solo escluso - ai sensi dell'art. 652 c.p.p. - la responsabilità civile, omettendo di valutare l'incidenza del loro contegno rispetto sia alla lamentata lesione dell'autonomo dritto del paziente ad esprimere un consenso informato in ordine al trattamento terapeutico praticatogli, sia all'accertata mancata disinfezione della camera operatoria, all'origine della contaminazione ambientale individuata come causa del danno alla salute dal medesimo subito).

Cassazione civile, sez. III, 16/02/2016, n. 2998
In tema di responsabilità professionale del medico, in presenza di un atto terapeutico necessario e correttamente eseguito in base alle regole dell'arte, dal quale siano tuttavia derivate conseguenze dannose per la salute, ove tale intervento non sia stato preceduto da un'adeguata informazione del paziente circa i possibili effetti pregiudizievoli non imprevedibili, il medico può essere chiamato a risarcire il danno alla salute solo se il paziente dimostri, anche tramite presunzioni, che, ove compiutamente informato, egli avrebbe verosimilmente rifiutato l'intervento, non potendo altrimenti ricondursi all'inadempimento dell'obbligo di informazione alcuna rilevanza causale sul danno alla salute.

Cassazione civile, sez. III, 04/02/2016, n. 2177
In tema di attività medico-chirurgica, il consenso informato deve basarsi su informazioni dettagliate, idonee a fornire la piena conoscenza della natura, portata ed estensione dell'intervento medico-chirurgico, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative, non essendo all'uopo idonea la sottoscrizione, da parte del paziente, di un modulo del tutto generico, né rilevando, ai fini della completezza ed effettività del consenso, la qualità del paziente, che incide unicamente sulle modalità dell'informazione, da adattarsi al suo livello culturale mediante un linguaggio a lui comprensibile, secondo il suo stato soggettivo ed il grado delle conoscenze specifiche di cui dispone. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto non adeguata l'informazione sui rischi connessi ad un intervento di cheratomia radiale, fornita ad una paziente mediante consegna di un depliant redatto dallo stesso oculista, che peraltro non riportava l'eventuale regressione del visus, statisticamente conseguente ad un simile intervento, anche quando correttamente eseguito).

Cassazione civile, sez. III, 27/11/2015, n. 24220
In tema di responsabilità medica, il sanitario che riscontri una normalità morfologica del feto anche sulla base di esami strumentali, i quali tuttavia non ne consentano, senza sua colpa, la visualizzazione nella sua interezza, ha l'obbligo d'informare la paziente della possibilità di ricorrere ad un centro di più elevato livello di specializzazione, nella prospettiva della determinazione della gestante ad interrompere la gravidanza, ancorché gli accertamenti diagnostici più completi siano invasivi e implicanti maggiori fattori di rischio per il feto. (Caso in cui i genitori di una bimba nata affetta da "sindrome di Down" avevano manifestato al proprio medico di fiducia, nel corso della gravidanza, il rifiuto ad accettare la nascita di un figlio affetto da gravi patologie. La S.C. ha annullato la sentenza impugnata, rinviando al giudice di merito la verifica se la gestante fosse stata correttamente informata - all'esito della ecografia morfologica fetale - del possibile ricorso all'amniocentesi o all'esame dei villi coriali).

Cassazione penale, sez. V, 24/11/2015, n. 16678
In tema di responsabilità penali connesse ad attività medico-chirurgica, deve escludersi che, dal solo difetto di adeguata informazione del paziente circa eventuali rischi che per lui potrebbe comportare l'effettuazione di un determinato intervento terapeutico, possa derivare a carico del medico, quale che sia l'esito di tale intervento, la configurabilità del reato di lesioni volontarie o di quello di violenza privata, sempre che, da parte dello stesso medico, non vi sia stato il perseguimento di finalità diverse da quella costituita dalla realizzazione di un vantaggio per la salute del paziente.

Cassazione civile, sez. III, 29/09/2015, n. 19212
L'obbligo del consenso informato costituisce legittimazione e fondamento del trattamento sanitario senza il quale l'intervento del medico è - al di fuori dei casi di trattamento per
legge obbligatorio o in cui ricorra uno stato di necessità - sicuramente illecito, anche quando è nell'interesse del paziente; a fronte dell'allegazione di inadempimento da parte del paziente, è onere del medico provare l'adempimento dell'obbligazione di fornirgli un'informazione completa ed effettiva sul trattamento sanitario e sulle sue conseguenze senza che sia dato presumere il rilascio del consenso informato sulla base delle qualità personali del paziente, potendo esse incidere unicamente sulle modalità dell'informazione, la quale deve sostanziarsi in spiegazioni dettagliate ed adeguate allivello culturale del paziente, con l'adozione di un linguaggio che tenga conto del suo particolare stato soggettivo e del grado delle conoscenze specifiche di cui dispone (Chirurgo che, avendo ricevuto dalla paziente il consenso scritto per l'operazione al ginocchio destro, si sia indotto ad operare (anche) quello sinistro, sulla base di un consenso asseritamente acquisito verbalmente dalla paziente, che non conosceva nemmeno l'italiano).

Cassazione civile, sez. III, 14/07/2015, n. 14642
In tema di responsabilità professionale medico-chirurgica, quando la sentenza di primo grado ne abbia accertato la sussistenza sia per l'inesatta esecuzione della prestazione sanitaria, sia per la mancata acquisizione del consenso informato, la mancata impugnazione della statuizione relativa all'accertata violazione del diritto all'autodeterminazione del paziente comporta il suo passaggio in giudicato, atteso l'autonomo rilievo che nel rapporto contrattuale assume l'inadempimento dell'obbligo di informazione, a prescindere dalla correttezza o meno del trattamento sanitario eseguito o dalla prova che il danneggiato avrebbe rifiutato l'intervento se adeguatamente informato.

Cassazione civile, sez. III, 12/06/2015, n. 12205
La circostanza che l'intervento medico non preceduto da acquisizione di consenso sia stato, in ipotesi, risolutivo della patologia che il paziente presenta non è idonea di per sé ad eliminare i danni conseguenza così individuati. È infatti palese che il beneficio tratto dall'esecuzione dell'intervento in queste ipotesi non "compensa" la perdita della possibilità di eseguirne uno meno demolitorio e nemmeno uno che, se eseguito da altri, avrebbe provocato meno sofferenza. Anche qualora l'intervento eseguito si riveli l'unico possibile e, quindi, che, se fosse stato eseguito altrove o successivamente, esso avrebbe dovuto avere identica consistenza ed identici effetti, la verificazione del beneficio derivante dalla sua esecuzione in ogni caso non potrebbe in alcun modo compensare almeno la "perdita" della possibilità di scegliere di non sottoporsi all'intervento. Possibilità che è preservata dal diritto al consenso informato.

Cassazione civile, sez. III, 08/05/2015, n. 9331
In tema di responsabilità professionale del medico, l'inadempimento dell'obbligo di informazione sussistente nei confronti del paziente può assumere rilievo ai fini risarcitori,
anche in assenza di un danno alla salute o in presenza di un danno alla salute non ricollegabile alla lesione del diritto all'informazione, tutte le volte in cui siano configurabili, a carico del paziente, conseguenze pregiudizievoli di carattere non patrimoniale di apprezzabile gravità derivanti dalla violazione del diritto fondamentale all'autodeterminazione in sé stesso considerato, sempre che tale danno superi la soglia minima di tollerabilità imposta dai doveri di solidarietà sociale e che non sia futile, ossia consistente in meri disagi o fastidi.

Cassazione civile, sez. III, 31/03/2015, n. 6440
Deve essere riconosciuta la responsabilità della struttura sanitaria e del medico in essa operante a fronte della nascita di un bambino affetto da grave malattia genetica allorchè l'esito dell'esame consigliato (nella specie, villocentesi) sia stato comunicato solo un mese dopo la esecuzione del prelievo, allorquando la gestante aveva superato il novantesimo giorno di gravidanza, con conseguente lesione in capo alla madre del diritto di autodeterminazione in ordine alla decisione di interrompere la gravidanza; diritto che attiene anche al c.d. consenso informato, che viene ad essere invece ulteriormente inadempiuto.

Cassazione civile, sez. III, 31/03/2015, n. 6439
L'intervento chirurgico routinario può essere espletato sulla base di un consenso orale informato, la cui prova può essere fornita sia attraverso la produzione dell'apposito modulo sintetico, sia attraverso testimonianze qualificate in merito alla prassi di formazione del consenso stesso.

Cassazione penale, sez. IV, 24/03/2015, n. 21537
L'obbligo di acquisizione del consenso informato del paziente alla somministrazione del trattamento sanitario non costituisce una regola cautelare e dunque la sua inosservanza da parte del medico non può costituire, nel caso lo stesso trattamento abbia causato delle lesioni, un elemento per affermare la responsabilità a titolo di colpa di quest'ultimo, a meno che la mancata sollecitazione del consenso gli abbia impedito di acquisire la necessaria conoscenza delle condizioni del paziente medesimo. (Sentenza di condanna del medico per le lesioni gravi occorse alla paziente dovute anche all'omessa acquisizione del consenso informato, mancando il quale egli aveva modificato la metodica di intervento originariamente concordata senza poter tenere conto delle patologie della paziente).

Cassazione civile, sez. III, 13/02/2015, n. 2854
L'obbligo del consenso informato costituisce legittimazione e fondamento del trattamento sanitario senza il quale l'intervento del medico è - al di fuori dei casi di trattamento
sanitario per legge obbligatorio o in cui ricorra uno stato di necessità - sicuramente illecito, anche quando è nell'interesse del paziente. Ai sensi dell'art. 32 comma 2 cost. (in base al quale nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge), dell'art. 13, cost. (che garantisce l'inviolabilità della libertà personale con riferimento anche alla libertà di salvaguardia della propria salute e della propria integrità fisica) e dell'art. 33, l. n. 833 del 1978 (che esclude la possibilità d'accertamenti e di trattamenti sanitari contro la volontà del paziente, se questo è in grado di prestarlo e non ricorrono i presupposti dello stato di necessità ex art. 54 c.p.), esso è a carico del sanitario, il quale, una volta richiesto dal paziente dell'esecuzione di un determinato trattamento, decide in piena autonomia secondo la lex artis di accogliere la richiesta e di darvi corso. Trattasi di obbligo che attiene all'informazione circa le prevedibili conseguenze del trattamento cui il paziente viene sottoposto, e in particolare al possibile verificarsi, in conseguenza dell'esecuzione del trattamento stesso, di un aggravamento delle condizioni di salute del paziente, al fine di porre quest'ultimo in condizione di consapevolmente consentire al trattamento sanitario prospettatogli. Il medico ha pertanto il dovere di informare il paziente in ordine alla natura dell'intervento, alla portata dei possibili e probabili risultati conseguibili e delle implicazioni verificabili. In materia di responsabilità per attività medico-chirurgica, l'acquisizione del consenso informato del paziente, da parte del sanitario, costituisce prestazione altra e diversa rispetto a quella avente ad oggetto l'intervento terapeutico, di talché l'errata esecuzione di quest'ultimo dà luogo ad un danno suscettibile di ulteriore e autonomo risarcimento rispetto a quello dovuto per la violazione dell'obbligo di informazione, anche in ragione della diversità dei diritti - rispettivamente, all'autodeterminazione delle scelte terapeutiche ed all'integrità psicofisica - pregiudicati nelle due differenti ipotesi.

Cassazione civile, sez. III, 30/09/2014, n. 20547
In materia di consenso informato, la violazione, da parte del medico, del dovere di informare il paziente, può causare due diversi tipi di danni: sia un danno alla salute, sussistente quando sia ragionevole ritenere che il paziente, su cui grava l'onere della prova, se correttamente informato, avrebbe evitato di sottoporsi all'intervento e di subirne le conseguenze invalidanti, sia un danno da lesione del diritto all'autodeterminazione in se stesso, che sussiste quando, a causa della mancata informazione, il paziente ha subito un pregiudizio, patrimoniale o non patrimoniale, diverso dalla lesione del diritto alla salute.

Cassazione civile, sez. III, 19/09/2014, n. 19731
In tema di attività medico-chirurgica, il consenso informato va acquisito anche qualora la probabilità di verificazione dell'evento sia così scarsa da essere prossima al fortuito o, al contrario, sia così alta da renderne certo il suo accadimento, poiché la valutazione dei rischi appartiene al solo titolare del diritto esposto e il professionista o la struttura sanitaria non possono ometterle in base ad un mero calcolo statistico. Il consenso informato, ovvero l'esatta informazione sulle condizioni e sui rischi legati al trattamento sanitario, costituisce elemento strutturale dei contratti di protezione, quali sono quelli che si concludono nel settore sanitario, e conseguentemente l'inadempimento del debitore della prestazione di garanzia è idoneo a ledere i diritti inviolabili della persona cagionando anche pregiudizi non patrimoniali.

Cassazione civile, sez. III, 03/07/2014, n. 15239
Trattamento non consentito dal paziente - Diritto al risarcimento del danno - Prescrizione –
In tema di responsabilità civile da trattamento sanitario ed ai fini dell'individuazione del termine prescrizionale per l'esercizio dell'azione risarcitoria, non è ipotizzabile il delitto di lesioni volontarie gravi o gravissime nei confronti del medico che sottoponga il paziente ad un trattamento da questi non consentito (anche se abbia esito infausto e anche se l'intervento venga effettuato in violazione delle regole dell'arte medica), se sia comunque rinvenibile nella sua condotta professionale una finalità terapeutica ovvero la terapia sia inquadrabile nella categoria degli atti medici, dovendosi escludere, in tali evenienze, che la condotta sia diretta a ledere, sicché, ove l'agente cagioni lesioni al paziente, è, al più, ipotizzabile il delitto di lesioni colpose se l'evento sia riconducibile alla violazione di una regola cautelare.

Cassazione civile, sez. III, 06/06/2014, n. 12830
In tema di responsabilità medica, il professionista è soggetto a responsabilità per i danni alla salute anche quando derivano da un intervento compiuto con perizia ma sulla base di un consenso assente o viziato, per il solo fatto oggettivo di avere omesso informazioni di carattere medico al paziente sottoposto ad intervento chirurgico non necessario. Quando ad un intervento di chirurgia estetica consegua un inestetismo più grave di quello che si mirava ad eliminare o ad attenuare, all'accertamento che di tale possibile esito il paziente non era stato compiutamente e scrupolosamente informato consegue ordinariamente la responsabilità del medico per il danno derivatone, quand'anche l'intervento sia stato correttamente eseguito. La particolarità del risultato perseguito dal paziente e la sua normale non declinabilità in termini di tutela della salute consentono, infatti, di presumere che il consenso non sarebbe stato prestato se l'informazione fosse stata offerta, e rendono pertanto superfluo l'accertamento - invece necessario quando l'intervento sia volto alla tutela della salute e la stessa risulti pregiudicata da un intervento pur necessario e correttamente eseguito - sulle determinazioni cui il paziente sarebbe addivenuto se dei possibili rischi fosse stato informato. (Condannato il medico al risarcimento del danno a fronte di un intervento di chirurgia estetica per la rimozione di un tatuaggio alla spalla, non supportato da idonea informativa al paziente circa gli esiti cicatriziali, poi verificatisi).

Cassazione penale, sez. I, 26/03/2014, n. 24918
L’attività medico-chirurgica per essere considerata legittima necessita dell’acquisizione del consenso informato rilasciato dal paziente, salve le eccezioni previste dalla legge. Non ricorre però alcuna fattispecie penale nel caso in cui il medico, pur in assenza di un valido consenso del paziente, abbia agito secondo la "lex artis" e l’intervento si sia concluso con esito benefico per la salute del paziente, da intendersi come miglioramento della patologia da cui lo stesso era affetto.

Cassazione civile, sez. III, 11/12/2013, n. 27751
Il consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, impone che quest'ultimo fornisca al paziente, in modo completo ed esaustivo, tutte le informazioni scientificamente possibili riguardanti le terapie che intende praticare o l'intervento chirurgico che intende eseguire, con le relative modalità ed eventuali conseguenze, sia pure infrequenti, col solo limite dei rischi imprevedibili, ovvero degli esiti anomali, al limite del fortuito, che non assumono rilievo secondo l' "id quod plerumque accidit", in quanto, una volta realizzatisi, verrebbero comunque ad interrompere il necessario nesso di casualità tra l'intervento e l'evento lesivo. Nell'ipotesi di inosservanza dell'obbligo di informazione in ordine alle conseguenze del trattamento cui il paziente sia sottoposto viene a configurarsi a carico del sanitario (e di riflesso della struttura per cui egli agisce) una responsabilità per violazione dell'obbligo del consenso informato,in sé e per sé, non assumendo alcuna influenza, ai fini della sussistenza dell'illecito, se il trattamento sia stato eseguito correttamente o meno. Ciò che rileva è che il paziente, a causa del deficit di informazione non sia stato messo in condizione di assentire al trattamento sanitario con una volontà consapevole delle sue implicazioni, consumandosi, nei suoi confronti, una lesione di quella dignità che connota l'esistenza nei momenti cruciali della sofferenza, fisica e psichica.

Cassazione penale, sez. IV, 27/11/2013, n. 2347
Ai fini dell'accertamento della responsabilità penale, il consenso informato non integra una scriminante dell'attività medica poiché, espresso da parte del paziente a seguito di una informazione completa sugli effetti e le possibili controindicazioni di un intervento chirurgico, rappresenta solo un vero e proprio presupposto di liceità dell'attività del medico che somministra il trattamento, al quale non è attribuibile un generale diritto di curare, a prescindere dalla volontà dell'ammalato. E ciò vale a fortiori nell'ambito della chirurgia estetica, per sua natura non connotata dall'urgenza, ma finalizzata a migliorare l'aspetto fisico del paziente in funzione della sua vita di relazione.

Cassazione civile, sez. III, 15/11/2013, n. 25764
Nel caso in cui l'attore abbia chiesto con l'atto di citazione il risarcimento del danno da colpa medica per errore nell'esecuzione di un intervento chirurgico, e domandi poi in corso di causa anche il risarcimento del danno derivato dall'inadempimento, da parte dello stesso medico, al dovere di informazione (necessario per ottenere un consenso informato), si verifica una "mutatio libelli" e non una mera "emendatio", in quanto nel processo viene introdotto un nuovo tema di indagine e di decisione, che altera l'oggetto sostanziale dell'azione e i termini della controversia, tanto da porre in essere una pretesa diversa da quella fatta valere in precedenza.

Cassazione civile, sez. III, 24/10/2013, n. 24109
Nelle cause di responsabilità professionale del medico per inesatto adempimento della prestazione, è a carico del paziente-danneggiato la sola prova dell'esistenza del contratto accompagnata dall'allegazione di un inadempimento astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, essendo a carico del convenuto l'onere di dimostrare di aver diligentemente ed esattamente adempiuto ovvero che l'inadempimento non è stato causa del danno subito dal paziente. Nel particolare caso in cui quest'ultimo lamenti l'inadempimento del sanitario consistente nella omissione degli obblighi informativi, graverà sul medico l'onere di provare di aver diligentemente informato il paziente circa le possibili conseguenze dell'intervento. Nel caso di specie la Corte di cassazione ha precisato che l'obbligo di informazione assunto dai sanitari non può esaurirsi nell'esposizione al paziente di generiche informazioni sull'intervento, ma deve altresì investire, in ragione dell'obbiettivo specificamente perseguito dal paziente, i profili di incertezza dello stesso. Un'informazione incompleta, infatti, impedisce al paziente di esercitare correttamente il suo fondamentale diritto di autodeterminazione.

Cassazione civile, sez. III, 24/10/2013, n. 24109
Sussiste la responsabilità professionale del medico per inadempimento dell'obbligo informativo, relativamente ad un intervento di sterilizzazione: infatti la corretta informazione avrebbe non solo evitato la violazione del diritto all'autodeterminazione della paziente, resa consapevole circa la non definitività della sterilizzazione ed informata quindi in maniera completa ed esaustiva, sul bilancio rischi-vantaggi derivante dall'intervento - non sussistendo alcuna valida autodeterminazione senza l'informazione cui la paziente aveva diritto - ma le avrebbe altresì consentito di adottare, nel successivo decorso del tempo, le opportune misure nonché gli utili accertamenti e controlli clinici, atti ad impedire ulteriori gravidanze non volute.

Cassazione penale, sez. IV, 08/10/2013, n. 4957
In caso di rifiuto del ricovero ospedaliero, non si può trarre da una registrazione diagnostica la prova di una scorretta o inadeguata informazione al paziente, e della conseguente responsabilità del sanitario per insufficienza o incompletezza delle informazioni, posto che in detto documento possono essere riportati solo i dati diagnostici sicuramente accertati e le terapie conseguentemente ritenute opportune; non possono, per contro, esservi contenuti ed elencati tutti i teorici, possibili, sviluppi diagnostici ancora da acclarare, i quali dovrebbero essere verificati con appositi e maggiormente approfonditi accertamenti, conseguenti anche ad un periodo di osservazione ospedaliera, la cui prospettazione da parte del medico consente a questi di assolvere correttamente il suo dovere di adeguata e completa informazione.

Cassazione civile, sez. III, 20/08/2013, n. 19220
Con riferimento alla esecuzione di un intervento chirurgico su paziente avvocato, cui il corrispondente modulo del consenso informato sia stato fatto sottoscrivere nell'imminienza dell'operazione, spetta al medico dimostrare - a fronte dell'allegazione di inadempimento da parte del paziente - di aver invece adempiuto all'obbligazione di fornirgli un'informazione completa ed effettiva sulla natura dell'intervento medesimo, sulla sua portata ed estensione, sui suoi rischi, sui risultati conseguibili e sulle possibili conseguenze negative, essendo irrilevante la qualità personale del paziente al fine di stabilire se vi sia stato o meno consenso informato nel senso sopra evidenziato, e potendo tale qualità incidere solo sulle modalità di informazione, che deve sostansiarsi in spiegazioni dettagliate ed adeguate al livello culturale del paziente, con l'adozione di un linguaggio che tenga conto del suo particolare stato soggettivo e del grado di conoscenze specifiche di cui dispone.
È inammissibile una presunzione di consenso del paziente alla prestazione medica, sul presupposto che il consenso deve essere personale, specifico ed esplicito, nonché reale ed effettivo. Invero, il consenso deve essere pienamente consapevole, ossia deve essere "informato ", dovendo basarsi su informazioni dettagliate fornite dal medico ed implicando, quindi, la piena conoscenza della natura dell'intervento medico e/o chirurgico, della sua portata ed estensione, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative. In un tale contesto, è irrilevante la qualità del paziente alfine di stabilire se vi sia stato o meno consenso informato, potendo essa incidere soltanto sulle modalità di informazione, stante che quest'ultima deve sostanziarsi in spiegazioni dettagliate e adeguate al livello culturale del paziente, con l'adozione di un linguaggio che tenga conto del suo particolare stato soggettivo e del grado di conoscenze specifiche di cui dispone (nella specie, la S.C. ha ritenuto che il consenso informato non sia dimostrabile attraverso la mera sottoscrizione di un prestampato contenente l'informativa, né possa fondarsi sulla qualità di avvocato rivestita dal paziente e, così, sulla presunzione che quest'ultimo, prima di apporre la firma sul modulo, ne abbia vagliato tutte le conseguenze, essendo pienamente edotto dell'importanza della sottoscrizione nell'economia del contratto di prestazione sanitaria).

Cassazione civile, sez. III, 31/07/2013, n. 18334
Il medico chirurgo viene meno all'obbligo a suo carico in ordine all'ottenimento del cd. consenso informato ove non fornisca al paziente, in modo completo ed esaustivo, tutte le informazioni scientificamente possibili sull'intervento chirurgico, che intende eseguire, e soprattutto sul bilancio rischi/vantaggi dell'intervento.

Cassazione civile, sez. III, 04/06/2013, n. 14024
Deve essere cassata la decisione che, del tutto apoditticamente, estende ad un intervento diverso, e dalle diverse possibili conseguenze, la manifestazione di consenso prestata dal paziente per l'intervento previsto, opinando, del tutto immotivatamente ed immotivatamente sostituendo il proprio convincimento alle considerazioni espresse su base scientifiche dal perito d'ufficio, che la diversa operazione, ed i ben diversi rischi ad essa sottesi, possano ritenersi ricompresi nell'iniziale informazione.

Cassazione civile, sez. III, 16/05/2013, n. 11950
La violazione, da parte del medico, del dovere di informare il paziente, può causare due diversi tipi di danni: un danno alla salute, sussistente quando sia ragionevole ritenere che il paziente, su cui grava il relativo onere probatorio, se correttamente informato, avrebbe evitato di sottoporsi all'intervento e di subirne le conseguenze invalidanti; nonché un danno da lesione del diritto all'autodeterminazione in se stesso, il quale sussiste quando, a causa del deficit informativo, il paziente abbia subito un pregiudizio, patrimoniale oppure non patrimoniale (ed, in tale ultimo caso, di apprezzabile gravità), diverso dalla lesione del diritto alla salute.

Cassazione civile, sez. III, 22/03/2013, n. 7269
Il primo bersaglio dell'inadempimento del medico è il diritto dei genitori di essere informati affinché, indipendentemente dall'eventuale maturazione delle condizioni che abilitano la donna a chiedere l'interruzione di gravidanza, si preparino psicologicamente e, se del caso, anche materialmente, all'arrivo di un figlio menomato. La richiesta dei corrispondenti pregiudizi deve ritenersi consustanzialmente insita nella domanda di risarcimento dei danni derivati dalla nascita, quali il danno biologico in tutte le sue forme e il danno economico, che di quell'inadempimento sia conseguenza immediata e diretta in termini di causalità adeguata.

Cassazione civile, sez. III, 19/02/2013, n. 4030
Il consenso informato ha natura bilaterale ed esprime un incontro di volontà libere e consapevoli; esso si configura quale diritto inviolabile della persona e trova precisi referenti negli artt. 2, 13 e 32, Cost.; ma nella fattispecie in esame, che si caratterizza da un contestuale errore di informazione e di assenso all'atto chirurgico, l'errore diagnostico
non deriva da colpa lieve, ma da una gravissima negligenza: l'aver operato prima di avere la certezza di un tumore conclamato e diffuso tale da rendere improrogabile l'intervento; pertanto non è avvenuto un incontro di volontà efficace in relazione ad un contenuto di informazione medica assolutamente carente e fuorviarne.

Cassazione penale, sez. IV, 15/02/2013, n. 18185
La responsabilità professionale medica derivante da imperizia e negligenza per non aver, i medici, preventivamente disposto ulteriori accertamenti prima dell'esecuzione di una operazione chirurgica, che avrebbe avuto con alta prevedibilità effetti gravemente invalidanti, non è addebitale ai professionisti se il caso specifico è connotato da palese urgenza e imprevedibile evoluzione delle condizioni della paziente. Ne consegue che, in tale ipotesi, ai medici non è addebitabile neppure l'omessa richiesta di rinnovazione del consenso alla prosecuzione del detto intervento.

Cassazione civile, sez. III, 31/01/2013, n. 2253
Il diritto al consenso informato del paziente è un diritto irretrattabile della persona e, al fine di escluderlo, non assume alcuna rilevanza il fatto che l'intervento absque pactis sia stato effettuato in modo tecnicamente corretto, per la semplice ragione che, a causa del totale deficit di informazione, il paziente non è stato posto in condizione di assentire al trattamento, di talché si è consumata, nei suoi confronti, comunque, una lesione di quella dignità che connota l'esistenza umana nei momenti cruciali della sofferenza fisica e/o psichica.

Cassazione civile, sez. III, 29/11/2012, n. 21235
Il fatto che l'intervento chirurgico sia stato effettuato in modo tecnicamente corretto, non esonera il sanitario da responsabilità per mancanza di informazione, in presenza di un modulo di consenso al trattamento sanitario firmato dal paziente senza neppure l'indicazione del tipo di intervento praticato.

Cassazione civile, sez. III, 27/11/2012, n. 20984
In materia di consenso informato, la Suprema corte ha precisato i seguenti principi:
1. non può esservi un consenso tacito per facta concludentia;
2. la qualità personale del soggetto da informare (nella specie, medico) non fa venire meno l'obbligo di informazione;
3. l'onere della prova con riguardo all'avvenuta illustrazione delle possibili conseguenze dannose della terapia spetta al medico, una volta dedotto dal paziente il relativo inadempimento.
La risarcibilità del danno da lesione della salute, che si verifichi per le non imprevedibili conseguenze dell'intervento medico necessario o della terapia adottata, entrambi
correttamente eseguiti, ma senza la preventiva informazione del paziente circa i possibili effetti pregiudizievoli e, così, in assenza di un consenso consapevolmente prestato, richiede l'accertamento che il paziente avrebbe rifiutato quel determinato intervento o quella terapia se fosse stato adeguatamente informato. Ciò comporta, da un lato, la necessità per la parte istante di allegare un inadempimento, per così dire, qualificato e cioè astrattamente efficiente alla produzione del danno e, dall'altro lato, un'indagine sulla sussistenza del nesso eziologico non soltanto in relazione al rapporto di consequenzialità tra intervento o terapia adottata e pregiudizio alla salute, ma - ove sia allegata la violazione del consenso informato - anche rispetto al rapporto tra attività omissiva del medico, per non aver informato il paziente, ed esecuzione dell'intervento o adozione di una determinata terapia. Il consenso informato costituisce, di norma, legittimazione e fondamento del trattamento sanitario sicché, senza il consenso e al di fuori dei casi di trattamento sanitario obbligatorio o di stato di necessità, l'intervento del medico è sicuramente illecito, anche quando sia effettuato nell'interesse del paziente. Invero, il consenso informato ha come correlato la facoltà per la persona assistita non soltanto di scegliere tra le diverse possibilità di trattamento medico ma anche, nell'eventualità, di rifiutare la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla, in tutte le fasi della vita e quindi anche in quella terminale.

Cassazione civile, sez. III, 21/09/2012, n. 16047
In caso di mancata o carente informazione, il medico è responsabile per ogni pregiudizio che il paziente potrò patire in conseguenza dell'intervento anche se questo risulti corretto e perito. Ove l'informazione difetti il medico non potrà addurre la mancata cooperazione o il mancato rispetto delle prescrizioni da parte del paziente.

Cassazione civile, sez. III, 28/07/2011, n. 16543
Il diritto al consenso informato del paziente, in quanto diritto irretrattabile della persona, va comunque e sempre rispettato dal sanitario, a meno che non ricorrano casi di urgenza, rinvenuti a seguito di un intervento concordato e programmato, per il quale sia stato richiesto ed ottenuto il consenso, e tali da porre in gravissimo pericolo la vita della persona — bene che riceve e si correda di una tutela primaria nella scala dei valori giuridici a fondamento dell'ordine giuridico e del vivere civile — o si tratti di trattamento sanitario obbligatorio. Tale consenso è talmente inderogabile che non assume alcuna rilevanza, al fine di escluderlo, il fatto che l'intervento absque pactis sia stato effettuato in modo tecnicamente corretto, per la semplice ragione che, a causa del totale deficit di informazione, il paziente non è posto in condizione di assentire al trattamento, consumandosi nei suoi confronti, comunque, una lesione di quella dignità che connota l'esistenza nei momenti cruciali della sofferenza fisica e/o psichica.

Cassazione civile, sez. III, 13/07/2011, n. 15386
In tema di responsabilità medica, il sanitario che formuli una diagnosi di normalità morfologica del feto anche sulla base di esami strumentali che non ne hanno consentito, senza sua colpa, la visualizzazione nella sua interezza, ha l'obbligo d'informare la paziente della possibilità di ricorrere ad un centro di più elevato livello di specializzazione, in vista dell'esercizio del diritto della gestante di interrompere la gravidanza, ricorrendone i presupposti. Al riguardo la prova, pur se incombente sulla parte attrice, lamentandosi la mancata informazione da parte del medico, non può che essere di natura presuntiva quanto al grave pericolo per la salute psichica della donna che costituisce la condizione richiesta dalla legge per l'interruzione di gravidanza.

Cassazione civile, sez. III, 19/05/2011, n. 11005
In relazione all'obbligo d'informazione ed all'onere della relativa prova, la responsabilità professionale del medico - ove pure egli si limiti alla diagnosi ed all'illustrazione al paziente delle conseguenze della terapia o dell'intervento che ritenga di dover compiere, allo scopo di ottenerne il necessario consenso informato - ha natura contrattuale e non precontrattuale; ne consegue che, a fronte dell'allegazione, da parte del paziente, dell'inadempimento dell'obbligo di informazione, è il medico gravato dell'onere della prova di aver adempiuto tale obbligazione.

Cassazione civile, sez. III, 30/03/2011, n. 7237
In tema di responsabilità professionale del medico, in presenza di un atto terapeutico necessario e correttamente eseguito in base alle regole dell'arte, dal quale siano tuttavia derivate conseguenze dannose per la salute, ove tale intervento non sia stato preceduto da un'adeguata informazione del paziente circa i possibili effetti pregiudizievoli non imprevedibili, il medico può essere chiamato a risarcire il danno alla salute solo se il paziente dimostri, anche tramite presunzioni, che, ove compiutamente informato, egli avrebbe verosimilmente rifiutato l'intervento, non potendo altrimenti ricondursi all'inadempimento dell'obbligo di informazione alcuna rilevanza causale sul danno alla salute.

Cassazione civile, sez. III, 17/02/2011, n. 3847
Il medico che operi all'interno di una clinica privata, ne sia o meno dipendente, ha sempre il dovere di informare il paziente di eventuali carenze o limiti organizzativi o strutturali della clinica stessa (come, nella specie, la mancanza di una adeguata struttura di rianimazione neonatale); ove ciò non faccia, egli risponde in solido con la clinica del danno patito dal paziente in conseguenza di quel deficit organizzativo o strutturale, ove possa presumersi che il paziente, se correttamente informato, si sarebbe avvalso di altra struttura sanitaria.

Cassazione civile, sez. III, 09/12/2010, n. 24853
Ai fini della responsabilità medica, la completa e corretta informazione non è un dato che può desumersi dalla mera sottoscrizione di un modulo del tutto generico. Il medico (e la struttura nell'ambito della quale egli agisce) debbono invece fornire, in modo completo ed esaustivo, tutte le informazioni scientificamente acquisite sulle terapie che si vogliono praticare, o sull'intervento chirurgico che si intende eseguire, illustrandone le modalità e gli effetti, i rischi di insuccesso, gli eventuali inconvenienti collaterali.

Cassazione civile, sez. III, 13/07/2010, n. 16394
Il medico è tenuto al risarcimento del danno lamentato dal paziente non ogni qual volta si sia discostato dalle regole della buona pratica clinica od abbia omesso di informare adeguatamente il paziente stesso, ma soltanto allorché la violazione di tali obblighi sia stata la causa (o concausa) efficiente di un danno effettivo. Ciò vuol dire che, là dove il paziente alleghi la violazione delle leges artis da parte del medico, ha altresì l'onere di provare che da tale inadempimento è derivato un peggioramento delle proprie condizioni di salute altrimenti evitabile; là dove, per contro, alleghi la violazione dell'obbligo di informazione da parte del medico, ha l'onere di provare che, ove l'informazione fosse stata fornita, avrebbe rifiutato il trattamento sanitario. (Nella fattispecie la Corte ha confermato la sentenza di rigetto della domanda risarcitoria formulata dai genitori di un minore nato con alcune patologie congenite, dopo che la madre si era sottoposta ad un intervento di sterilizzazione, non ritenendo provato il difetto d'informazione della paziente in ordine alle possibilità alternative all'intervento e alle probabilità di gravidanze indesiderate).

Cassazione civile, sez. III, 02/07/2010, n. 15698
Il medico-chirurgo viene meno all'obbligo di informare adeguatamente il paziente ed ottenerne il consenso all'atto medico, ove non gli fornisca, in modo completo ed esaustivo, tutte le informazioni scientificamente possibili riguardanti le terapie che intende praticare o l'intervento chirurgico che intende eseguire, con le relative modalità.

Cassazione civile, sez. III, 25/05/2010, n. 12801
In tema di responsabilità medica, la mancata risposta alla richiesta di intervento di una malata, che prospetta una situazione di pericolo, configura violazione dell'art. 7 del codice deontologico, secondo cui il medico non può mai rifiutarsi di prestare soccorso o cure d'urgenza e deve tempestivamente attivarsi per assicurare specifica e adeguata assistenza. Se è vero, infatti, che il medico ha il diritto di chiedere e di ottenere tutte le informazioni del caso, prima di intervenire, non gli è consentito di correre - e di far correre al paziente - il rischio del dubbio; nel senso che, nell'incertezza, è tenuto ad intervenire e a constatare di persona quale sia la situazione effettiva, considerati i rischi insiti nella sottovalutazione di un caso di effettivo pericolo.

Cassazione penale, sez. IV, 20/04/2010, n. 21799
"Se è vero che il consenso informato del paziente... rende lecito l'intervento terapeutico del medico... non si può al contempo addivenire a soluzioni ermeneutiche che vanificano radicalmente tale principio assumendo che il medico sia comunque e sempre legittimato all'espletamento... dell'attività terapeutica in ossequio al fine curativo perseguito in favore del paziente". In caso di esito infausto dell'intervento terapeutico, il criterio di imputazione potrà essere, invero, di carattere colposo qualora il sanitario, in assenza di valido consenso dell'ammalato, abbia effettuato l'intervento nella convinzione del consenso ovvero sulle consuete ipotesi integrative della c.d. colpa medica, come quella di omissione di condotta tecnicamente doverosa...; ma si deve ritenere insuperabile l'espresso, libero e consapevole rifiuto eventualmente informato del paziente, ancorché l'omissione dell'intervento possa cagionare il pericolo di un aggravamento dello stato di salute dell'infermo e persino la morte. In tal caso, qualora l'esito dell'intervento eseguito con il dissenso del paziente sia risultato infausto... quanto alle conseguenze penali scaturenti da detto intervento terapeutico (escluso che la fattispecie possa rifluire nella previsione dell'art. 610 c.p.), viene in rilievo il disposto dell'art. 582 c.p. (lesione penale volontaria). Così come nelle situazioni in cui si accerti che il sanitario abbia agito, pur essendo conscio che il suo intervento - poi causativo di danno o della morte del paziente - avrebbe prodotto una non necessaria menomazione dell'integrità fisica o psichica del paziente.

Cassazione civile, sez. III, 20/04/2010, n. 9315
Il danno da violazione del diritto all'autodeterminazione può essere liquidato qualora, senza richiedere alcun consenso alla terapia, venga praticata una trasfusione non necessaria, se risulta (in base alla cd. prova controfattuale, secondo il criterio della preponderanza dell'evidenza) che il paziente, qualora informato chiaramente e completamente sui rischi che poteva correre, non avrebbe accettato.

Cassazione civile, sez. III, 09/02/2010, n. 2847
Qualora il medico ometta di informare il paziente sulle caratteristiche e sui rischi di un intervento chirurgico e questo non riesca per circostanze indipendenti da colpa del chirurgo, quest'ultimo potrà essere condannato a risarcire il danno patito dal paziente, vale a dire il peggioramento delle sue condizioni di salute, soltanto ove il paziente alleghi e dimostri che, se fosse stato compiutamente informato circa i rischi dell'intervento, avrebbe verosimilmente rifiutato di sottoporvisi, residuando, altrimenti, la risarcibilità del danno-conseguenza, ricollegabile alla sola lesione del diritto all'autodeterminazione.
La mancata acquisizione del consenso informato da parte del medico determina la lesione del diritto all'autodeterminazione del paziente, da cui deriva, nella prevalenza dei casi, uno stato di turbamento di intensità correlata alla gravità delle conseguenze verificatesi e non prospettate come possibili, il quale è risarcibile, purché, in caso di reclamato danno non patrimoniale, varchi la soglia della gravità dell'offesa.
La mancata richiesta del consenso costituisce autonoma fonte di responsabilità qualora dall'intervento scaturiscano effetti lesivi, o addirittura mortali, per il paziente, per cui nessun rilievo può avere il fatto che l'intervento medesimo sia stato eseguito in modo corretto; ciò sull'implicito rilievo che, in difetto di consenso informato da parte del paziente, l'intervento terapeutico costituisce un illecito, sicché il medico risponde delle conseguenze negative che ne siano derivate quand'anche abbia correttamente eseguito quella prestazione. Nel rapporto medico-paziente grava sul primo l'onere della prova di aver compiutamente informato il secondo in merito alle conseguenze, purché non del tutto anomale, della terapia o dell'intervento.

Cassazione civile, sez. III, 02/02/2010, n. 2354
In materia di responsabilità del medico per inadempimento del dovere di informare la gestante circa lo stato di salute del feto, in considerazione dell'insieme dei doveri che la legge pone in capo al padre nei confronti del figlio, va riconosciuto anche in suo favore - benché egli assuma, nel contratto tra la donna ed il professionista, la posizione di terzo - il diritto al risarcimento del danno conseguente alla mancata possibilità di esercizio, da parte della donna, della facoltà di interruzione anticipata della gravidanza. L'obbligo di informare pienamente il paziente, prescritto dall'art. 29 del codice di deontologia medica approvato nel giugno 1995, pur con le dovute cautele, non è soggetto a nessuna valutazione discrezionale e perciò comprende tutti gli aspetti diagnostici e prognostici dello stato di salute del paziente e quindi anche i rischi meno probabili, purché non del tutto anomali, in modo da consentirgli di capire non solo il suo attuale stato, ma anche le eventuali malattie che possono svilupparsi, le percentuali di esito fausto ed infausto delle stesse, nonché il programma diagnostico per seguire l'evoluzione delle condizioni del paziente e l'indicazione delle strutture specializzate ove svolgerlo, ovvero di specialisti esperti per formularlo, pur se a tal fine il paziente si deve allontanare dal luogo ove è in cura. Tale obbligo ha rilevanza giuridica perché integra il contenuto del contratto e qualifica la diligenza del professionista nell'esecuzione della prestazione; la violazione di esso può determinare la violazione di diritti fondamentali ed inviolabili, quali il diritto ad esprimere la propria personalità, la libertà personale, la salute - art. 2, 13 e 32 cost. - il diritto alla vita, al rispetto della vita privata e familiare, alla formazione della famiglia: art. 2, 8 e 12 convenzione Europea dei diritti dell'uomo.

Cassazione civile, sez. III, 04/01/2010, n. 13
L'omessa rilevazione, da parte del medico specialista, della presenza di gravi malformazioni nel feto, e la correlativa mancata comunicazione di tale dato alla gestante, deve ritenersi circostanza idonea a porsi in rapporto di causalità con il mancato esercizio, da parte della donna, della facoltà di interrompere la gravidanza, in quanto deve ritenersi
rispondente ad un criterio di regolarità causale che la donna, ove adeguatamente e tempestivamente informata della presenza di una malformazione atta ad incidere sulla estrinsecazione della personalità del nascituro, preferisca non portare a termine la gravidanza.

Cassazione civile, sez. III, 11/05/2009, n. 10741
Stanti la soggettività giuridica - entro determinati limiti - del concepito e il suo diritto a nascere, nei confronti di questo e dei suoi genitori rispondono per i danni, patrimoniali e non, connessi a rilevanti patologie del feto, i sanitari che abbiano mancato di informare la madre (il cui rapporto con i medici produce effetti protettivi nei confronti del nascituro) dei probabili rischi connessi all'assunzione di farmaci per facilitare il concepimento, quando tali sostanze abbiano determinato l'insorgenza di gravi malformazioni del nascituro. In relazione ad un'azione di risarcimento danni proposta nei confronti dei medici curanti dai genitori, in proprio e nella qualità di esercenti la potestà genitoriale, di un minore nato con gravi malformazioni causalmente collegate alla somministrazione alla madre, ai fini dell'ovulazione, di farmaco con proprietà teratogene, senza il rispetto dell'obbligo di una corretta informazione, ai fini del consenso, in ordine ai rischi della terapia adottata, limitatamente alla titolarità di alcuni interessi personali protetti (quali il diritto alla vita, il diritto alla salute o integrità psico-fisica, il diritto all'onore o alla reputazione, il diritto all'identità personale), tra cui il "diritto a nascere sano", il nascituro è soggetto giuridico, precisando che quella della soggettività giuridica è una nozione più ampia di quella di capacità e di quella e personalità giuridica e rispetto ai predetti diritti l'avverarsi della "condicio iuris" della nascita, o cui al comma 2 dell'art. 1, c.c., è condizione imprescindibile per la loro azionabilità.

Cassazione civile , sez. III, 08 ottobre 2008, n. 24791
Il medico viene meno all'obbligo di fornire un valido ed esaustivo consenso informato al paziente non solo quando omette del tutto di riferirgli della natura della cura cui dovrà sottoporsi, dei relativi rischi e delle possibilità di successo, ma anche quando ritenga di sottoporre (come verificatosi nella specie) al paziente, perché lo sottoscriva, un modulo del tutto generico, dal quale non sia possibile desumere con certezza che il paziente abbia ottenuto in modo esaustivo le suddette informazioni.

Cassazione penale , sez. IV, 24 giugno 2008, n. 37077
È da escludere che dall'intervento effettuato in assenza di consenso o con un consenso prestato in modo invalido possa di norma farsi discendere la responsabilità del medico a titolo di lesioni volontarie ovvero, in caso di esito letale, a titolo di omicidio preterintenzionale, in quanto il sanitario agisce, magari erroneamente, ma pur sempre con una finalità curativa, che è concettualmente incompatibile con il dolo delle lesioni. Per tale motivo, il giudizio sulla sussistenza della colpa non presenta differenze di sorta a seconda che vi sia stato o no il consenso informato del paziente;infatti, la valutazione del comportamento del medico, sotto il profilo penale, quando si sia in ipotesi sostanziato in una condotta (vuoi omissiva, vuoi commissiva) dannosa per il paziente, non ammette un diverso apprezzamento a seconda che l’attività sia stata prestata con o in assenza di consenso.

Cassazione penale , sez. IV, 16 gennaio 2008, n. 11335
Il consenso, per legittimare il trattamento terapeutico, dev'essere informato, cioè espresso a seguito di un'informazione completa, da parte del medico, dei possibili effetti negativi della terapia o intervento chirurgico, con possibili controindicazioni e l'indicazione della gravità degli effetti del trattamento; dal rilievo così attribuito al consenso del paziente non può farsi discendere automaticamente la conseguenza che dall'intervento effettuato in assenza di consenso o con un consenso prestato in modo invalido si possa sempre profilare la responsabilità a titolo di omicidio preterintenzionale, in caso di esito letale, atteso che la fattispecie dell'omicidio preterintenzionale, richiede, perché possa ritenersi verificata, l'accertamento della esistenza di un dolo dell'agente che possa essere qualificato dolo diretto e non solo eventuale e intenzionalmente orientato a provocare la lesione della integrità fisica del paziente, in mancanza, il delitto può essere ritenuto colposo, ove ne sussistano i presupposti.

Cassazione civile , sez. III, 28 novembre 2007, n. 24742
La responsabilità del medico per violazione dell'obbligo contrattuale di porre il paziente nella condizione di esprimere un valido ed effettivo consenso informato è ravvisabile sia quando le informazioni siano assenti od insufficienti sia quando vengano fornite assicurazioni errate in ordine all'assenza di rischi o complicazioni derivanti da un intervento chirurgico necessariamente da eseguire, estendendosi l'inadempimento contrattuale anche alle informazioni non veritiere.

Cassazione civile , sez. III, 24 gennaio 2007, n. 1511
La circostanza che il medico abbia correttamente informato il paziente sui rischi della terapia non vale ad escludere la colpa del sanitario, nel caso di erroneità della diagnosi o della scelta terapeutica.

Cassazione civile , sez. III, 14 marzo 2006, n. 5444
L'obbligo del consenso informato insiste sul sanitario che, una volta richiesto dal paziente dell'esecuzione di un determinato trattamento, decide in piena autonomia secondo la “lex artis” di accogliere la richiesta e di darvi corso, a nulla rilevando che la richiesta del paziente discenda da una prescrizione di altro sanitario. Il medico il quale non informi correttamente il paziente sulle caratteristiche e sui rischi dell'intervento risponde dell'insuccesso di quest'ultimo, anche quando sia stato eseguito con diligenza.

Cassazione civile, sez. III, 30 luglio 2004, n. 14638
Nel contratto di prestazione d'opera intellettuale tra il chirurgo ed il paziente, il professionista, anche quando l'oggetto della sua prestazione sia solo di mezzi, e non di risultato, ha il dovere di informare il paziente sulla natura dell'intervento, sulla portata ed estensione dei suoi risultati e sulle possibilità e probabilità dei risultati conseguibili, sia perché violerebbe, in mancanza, il dovere di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, sia perché tale informazione è condizione indispensabile per la validità del consenso, che deve essere consapevole, al trattamento terapeutico e chirurgico, senza del quale l'intervento sarebbe impedito al chirurgo tanto dall'art. 32, comma 2, cost., , quanto dall'art. 13 cost.,, e dall'art. 33 l. 23 dicembre 1978 n. 833. L'obbligo d'informazione, che si estende allo stato d'efficienza e al livello di dotazioni della struttura sanitaria in cui il medico presta la propria attività, riguarda i soli rischi prevedibili e non anche gli esiti anomali, e si estende varie fasi degli stessi che assumono una propria autonomia gestionale, e, in particolare, ai trattamenti anestesiologici. In ogni caso, perché l'inadempimento dell'obbligo d'informazione dia luogo a risarcimento, occorre che sussista un rapporto di casualità tra l'intervento chirurgico e l'aggravamento delle condizioni del paziente o l'insorgenza di nuove patologie.

Corte appello Venezia, 16 settembre 2004
Al di fuori dei casi di intervento obbligatorio per legge ed al di fuori altresì dei casi di intervento urgente "quoad vitam", nei quali il medico si trovi a dover intervenire su persona che non abbia la capacità psico-fisica di interloquire in ordine al proprio stato di salute, non è consentito non solo il ricovero, ma nemmeno la cura senza consenso del paziente.

Cassazione civile, sez. III, 29 luglio 2004, n. 14488
In tema di responsabilità del medico per omessa diagnosi di malformazioni del feto e conseguente nascita indesiderata, l'inadempimento del medico rileva in quanto impedisce alla donna di compiere la scelta di interrompere la gravidanza. Infatti la legge, in presenza di determinati presupposti, consente alla donna di evitare il pregiudizio che da quella condizione del figlio deriverebbe al proprio stato di salute e rende corrispondente a regolarità causale che la gestante interrompa la gravidanza se informata di gravi malformazioni del feto. Ne consegue che la possibilità per la madre di esercitare il suo diritto ad una procreazione cosciente e responsabile interrompendo la gravidanza assume rilievo sotto il profilo del nesso di causalità, e non anche come criterio di selezione dei danni risarcibili; e che non sono danni che derivano dall'inadempimento del medico quelli
che il suo adempimento non avrebbe evitato: una nascita che la madre non avrebbe potuto scegliere di rifiutare; una nascita che non avrebbe in concreto rifiutato; la presenza nel figlio di menomazioni o malformazioni al cui consolidarsi non avrebbe potuto porsi riparo durante la gravidanza in modo che il figlio nascesse sano.

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